Uma Thurman, 50 anni per l’amazzone d’acciaio
Uma Thurman domani diventa grande ma i suoi 50 anni di oggi sembrano i 20 di appena ieri: filosofia buddhista, allenamento quotidiano e frequentazioni estetico chirurgiche non solo ce la conservano affascinante e tonica ma hanno trasformato lo sgraziato anatroccolo in splendido cigno piumato. Uma è nata a Boston il 29 aprile del 1970 ma il suo non è un nome d’arte: papà è il più celebre studioso del buddismo in America; mamma è una baronessa tedesca che nel Nuovo Mondo si è destreggiata prima come modella e poi con laurea e studi da psicoterapeuta. La coppia ha cresciuto la ragazza e i suoi tre fratelli in un’educazione rigorosa e mistica (il secondo nome di Uma è Karuna che vuol dire Compassione in tibetano antico), ma non è riuscita a contenere i colpi di testa della ragazza: a soli 15 anni partecipa a una recita scolastica, si appassiona all’impresa e di colpo decide di lasciare gli studi per la recitazione.
Non ha da subito vita facile ma eredita dalla madre la naturalezza in passerella e si guadagna da vivere come indossatrice, facendosi notare per un fascino esotico che le viene anche da qualche goccia di sangue svedese per parte materna. Scavezzacollo e ribelle, approda in fretta al cinema indipendente ma il suo esordio, a fianco della star da soap-opera Paul Dillon (“Laura”, 1987), è un autentico disastro e non arriva neppure nelle sale. Eppure il suo personaggio (una bella ragazza che adesca i maschi nei bar per drogarli e derubarli) non passa inosservato e l’anno dopo la sua stella brilla ne “Le relazioni pericolose” di Stephen Frears. Per Uma Thurman è un triplo salto mortale perché, quasi senza esperienza, deve reggere il confronto con mostri sacri del calibro di Glenn Close, John Malkovich, Michelle Pfeiffer. Ma la sua ingenua Cecile conquista tutti e fa passare in secondo piano un altro esordiente di talento, Keanu Reeves, con cui fa coppia nelle tresche amorose ordite dal marchese di Valmont.
Nel 1988 la ragazza si veste (si fa per dire) dei panni di Venere che esce dalla conchiglia come nel capolavoro di Botticelli per la fantasia sfrenata di Terry Gilliam che l’ha scelta nel suo “Barone di Munchausen” e nei primi anni Novanta si costruisce una solida reputazione tra cinema e tv, autori indipendenti e grandi produzioni. Poi, nel 1994, il colpo di fulmine: supera il provino e diventa la sexy Mia Wallace di “Pulp Fiction”: è come un colpo di gong nello star system ed è l’inizio di un’amicizia inossidabile con Quentin Tarantino che non verrà scalfita nemmeno dalle accuse di Uma al produttore Harvey Weinstein per molestie sessuali (all’epoca) e per averla messa a rischio in una scena di “Kill Bill” che le costo’ un grave incidente d’auto. Il legame con Tarantino è fatto di sintonia mentale, pratica buddhista, passione per il cinema fuori dalle regole.
Così, nonostante una collana di successi con i film degli studios (ha come partner star del calibro di George Clooney, Sean Connery, Meryl Strep, Vanessa Redgrave dopo la nomination all’Oscar per “Pulp Fiction”), non ci pensa un momento nel 2002 a rispondere nuovamente alla chiamata del suo mentore per interpretare La Sposa in “Kill Bill”. Tarantino dice che ha scritto il personaggio su misura per lei e che è nato dalle conversazioni durante le pause del loro primo film insieme. Comunque accetta di rimandare le riprese per un anno intero aspettando la sua musa che nel frattempo aspetta un figlio dal suo partner Ethan Hawke. Tra il 2003 e il 2004 escono i due volumi di “Kill Bill” e Uma Thurman è ormai la diva simbolo del cinema post-moderno nel nuovo secolo. Lavora con Mira Nair (che le fa vincere un Golden Globe per la mini serie “Gli occhi della vita”), John Woo, Richard Linklater, Ivan Reitman, dimostrando grande versatilità e un’inattesa verve comica, viene chiamata nelle giurie dei grandi festival, firma calendari e pubblicità esibendo una fiera femminilità da amazzone bionda, si schiera politicamente e non teme il moralismo americano pronunciandosi in favore delle coppie gay. A Hollywood lavora anche con Gabriele Muccino (“Quello che so sull’amore”) e poi in Europa con Lars Von Trier (lo scandaloso “Nynphomaniac” e il provocatorio “La casa di Jack”), uno dei suoi registi preferiti insieme a F. Cary Gray, Gus Van Sant e Ivan Reitman. Nel 2019 l’accademia del David di Donatello la celebra con un premio alla carriera.
A breve la vedremo al cinema in “La guerra col nonno” di Tim Hill a fianco di Robert De Niro ma anche in tv con “Chambers” nel ruolo di Nancy Lefevre. Vita privata movimentata come quella artistica: è stata sposa di Gary Oldman e Ethan Hawke, le si attribuiscono relazioni con Timothy Hutton, John Cusak e il finanziere francese Arpad Busson da cui si è separata sei anni fa. Ha tre figli da due diverse unioni. Si dichiara felice di vivere e “più giovane di una puledra, più vecchia di matusalemme grazie a felici reincarnazioni”.