Crowe, all’inizio ‘Il Gladiatore’ sopravviveva
Tra i cambiamenti, rispetto allo script, decisi da Ridley Scott e Russell Crowe poche settimane prima dell’inizio delle riprese del Gladiatore, c’è stato anche il destino del protagonista: “Nella sceneggiatura originale Massimo Decimo Meridio sopravviveva” dice Crowe al magazine britannico Empire (nel numero di giugno, appena uscito) ripercorrendo, a 20 anni dall’uscita, la genesi del film, premiato con cinque Oscar, compresi quelli per il miglior film e l’attore protagonista, su 12 nomination.
Si è deciso di cambiare il finale perché “quel discorso ‘Il mio nome è Massimo Decimo Meridio…’ è praticamente il biglietto d’addio di un suicida – sottolinea l’attore nell’intervista con Martyn Palmer -. Ricordo Ridley venire da me sul set e dirmi ‘Guarda, per come è delineata (la storia) non vedo come tu possa vivere. Il personaggio è focalizzato su un atto di pura vendetta per sua moglie e suo figlio e una volta che l’ha compiuta, cosa fa?'”. Crowe su questo amava scherzare: “Chiedevo ‘Si, che fa dopo Massimo? Finisce ad aprire una fottuta pizzeria vicino al Colosseo?’. Lui ha un solo proposito, incontrare sua moglie nell’aldilà e chiederle scusa per non essere stato là per lei”.
Al primo incontro con Crowe, Scott gli aveva mostrato come fonte d’ispirazione il quadro ‘Pollice verso’ (1872) di Jean-Loon Gerome (che ritrae la folla nell’arena del Colosseo che fa il gesto di morte per il gladiatore sconfitto, mentre lui, tenuto a terra dal vincitore, chiede di essere graziato, ndr) e le schede tecniche su come avrebbe ricreato il Colosseo in un set attraverso il Cgi. L’attore si è lanciato del progetto “sulla base della sintonia che avevo con Ridley, perché lui è super onesto, a volte anche a suo discapito. Mi parlava dei problemi che avremmo incontrato invece di prendermi in giro”. Tra i primi cambiamenti chiesti dall’attore ai produttori esecutivi c’è stato il nome del protagonista, che all’inizio era Narciso: “Gli ho spiegato che non aveva senso. Faceva pensare al narcisismo, e a nessuno sarebbe interessato nulla di un personaggio che si chiamava così”. Crowe legava il personaggio al pensiero di Marco Aurelio, ma “a parte Ridley nessuno aveva idea di cosa parlassi. Non sapevano che Marco Aurelio fosse stato anche un filosofo. Così ho comprato copie di ‘Colloqui con se stesso’ (serie di riflessioni dell’imperatore romano, ndr) per tutti”. Nel lavoro con Scott sulla sceneggiatura “abbiamo iniziato a eliminare tutto quello che non serviva. E due settimane prima delle riprese erano rimaste 21 pagine. Ridley allora mi ma detto ‘Dobbiamo andare avanti, avere fiducia e riusciremo a venire a capo di questo casino’. E così è stato”.
Crowe parla anche del cast, dall’amicizia nata con Richard Harris al rapporto difficile con Oliver Reed, morto nel 1999 in un pub a Malta poco prima di finire le riprese. L’interprete di A Beautiful Mind si sofferma in particolare sul legame con Joaquin Phoenix: “Ho un amore profondo per Joaquin. Avrebbe dovuto vincere l’Oscar 20 anni fa e dopo quella ci sono altre due o tre performance per cui l’avrebbe meritato”. Per Crowe realizzare Il Gladiatore è stato come vincere una scommessa estrema: “Ci hanno messo sotto un’enorme pressione. C’erano molti proiettili indirizzati verso di noi, ma restando uniti, uno dei credo di Massimo come generale, li abbiamo evitati tutti”.