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Il Festival Sundance possibile incubatore del coronavirus

(ANSA) – NEW YORK, 07 MAG – Il Sundance incubatore del coronavirus? L'”Hollywood Reporter” prospetta questo inquietante scenario riportando decine di casi di partecipanti al festival creato da Robert Redford che celebra ogni anno a fine gennaio il meglio del cinema indipendente.
    “Molti partecipanti hanno lasciato il Sundance in condizioni peggiori di come erano arrivati”, scrive la bibbia dell’entertainment riportando il parere del microbiologo Dean Hart: “Lo scenario coronavirus è probabile”, ha detto l’esperto in trasmissioni sul virus: “Il Sundance offre la formula perfetta perché il Covid possa entrare in città e contaminare tutti”. Non è del resto una novità che Park City si trasformi in un incubatore di malattie in occasione del festival: ogni anno l’oasi sulle montagne dello Utah si trasforma in una piccola città ad alta densità abitativa grazie a 120mila appassionati da tutto il mondo stipati nelle sale, nei bar e nei ristoranti durante il picco della stagione influenzale.
    La differenza stavolta è stata la gravità e la durata dei sintomi, poco in linea con le banali influenze stagionali.
    Nessuno dei partecipanti al festival che si sono ammalati sono stati testati ed è ancora troppo presto per verificare se hanno sviluppato gli anticorpi contro il Covid-19. Ci vorrà tempo dunque per accertare se il Sundance sia stato un importante focolaio di infezione. Ma i casi riportati dal giornale di Hollywood sono significativi: decine e decine con sintomi allora misteriosi tra cui uno sceneggiatore e tre dei suoi amici, “tutti con la stessa strana malattia, un po’ diversa per ciascuno, ma sempre molto intensa”. Il Sundance è cominciato in tempi allora non sospetti il 23 gennaio, il giorno del lockdown a Wuhan e 48 ore dopo il primo caso annunciato ufficialmente di contagio nello stato di Washington. In realtà il virus circolava negli Usa già da prima: in Illinois a metà gennaio secondo quanto riportato da Lancet, poi in California, con i primi morti ai primi di febbraio. Alla fine di marzo il coronavirus aveva toccato tutti gli Stati Usa.
    (ANSA).
   

Fonte: Ansa

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