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Abitare, c’è un prima e dopo Covid-19. Le soluzioni dei designer

C’è un ‘prima’ e un ‘dopo’ Covid-19 nelle nostre vite: due mesi sospesi che hanno condizionato tutto e continueranno a farlo. L’emergenza Covid-19 sta cambiando anche le regole dell’abitare e la progettazione di quartieri, edifici, condomini e abitazioni muta rapidamente in nome di uno spiccato (e mai realizzato fino ad oggi) rispetto per l’ambiente, per la nostra salute e per le dinamiche vissute all’interno delle abitazioni. In questi mesi di lockdown le nostre abitazioni si sono rivelate insufficienti a soddisfare i nuovi bisogni di famiglia, lavoro, socialità e igiene e sono diventate obsolete. Alla lunga magari tutto sarà come prima ma per ora la quarantena che ha contagiato tutto il mondo ha stimolato momenti di riflessione per architetti, designer e progettisti intenti a tracciare nuovi modi per abitare. 
Osservare le nostre città vuote, apparentemente prive di vita, ha riabilitato il ruolo sociale dell’architettura nella creazione della nostra identità sociale, siamo le nostre città, le nostre strade, i nostri monumenti.

Traccia il futuro dell’abitare il team ‘Design Force’ composto da numerosi e rinomati studi di archiettura e design italiani ed internazionali, insieme ad imprese e professionisti, nel progetto di DesignTech nell’ambito di Mind (Milano Innovation District), hub di innovazione tecnologica dedicato al design. Gli edifici avranno una sorta di data di scadenza e, quando invecchiati, potranno essere smontati invece che demoliti perché costruiti in blocchi e i moduli saranno interamente riciclabili in nome dell’economia circolare. Gli edifici saranno naturalmente attivi in modo autonomo, cioè progettati in modo biodinamico. Avranno sistemi di aereazione e regolazione della temperatura comandati da camini solari e torri del vento, saranno illuminati con luce naturale e dotati di soluzioni isolanti e di schermatura solare oltre che composti da materiali nobili per l’ambiente, come il legno, dall’effetto caldo, e non solo i modernissimi acciaio e cemento.

E il design interno alle nuove abitazioni? Il lockdown ha dato nuova linfa alle idee di archietti e designer che stanno progettando nuovi sistemi di ventilazione naturale e ricambi d’aria automatici aperti e non più chiusi come accade ora quando si usa l’aria condizionata. Comanderemo porte e superfici di casa con sensori anche indossabili o controlli vocali, tutto sarà touchless (anche nei luoghi di lavoro) in memoria dei contagi. In casa non ci sarà più spazio per materiali sintetici ma solo naturali e anche germorepellenti come il bronzo, il rame e l’ottone. Gli interni? Saranno ibridi, con pareti flottanti e quinte a scomparsa, anche i mobili saranno su rotaie o su ruote per adattare gli ambienti a nostro piacimento, che sia per il relax, la socialità, il lavoro (perché la modalità di smart working di massa vissuta in queste settimane non è destinata ad esaurirsi del tutto con il termine della quarantena). Oppure per lo studio, per la lavanderia o la cucina. E avremo tutti più spazio personale.

Torneranno le vecchie sale hobby? Rispondono gli autori: “Di sicuro finirà l’era dei loft minimalisti , gli spazi diventeranno complessi e ibridi trasformandosi da luoghi di lavoro a spazi di svago, di co-living, anche grazie alla domotica più innovativa che permetterà proiezioni immersive mentre si guarda un film o si effettua una conference call o un viaggio virtuale con la realtà aumentata. E poi spazi per il fitness, per orti domestici e così via”.

Arriveremo all’agognato impatto zero emissioni? Si, nel mondo immobiliare (che ora invece contribuisce al 50% delle emissioni globali di CO2 ed entro il 2040 ne emetterà una quantità grande come la superficie della città di Parigi ogni settimana), garantiscono gli analisti.

Anche gli spazi all’aperto sono destinati a cambiare, garantiscono i designer. Mentre in questo mese la quotazione delle case con terrazza o giardino in Italia è crescita dell’8% e, nel contempo, i prezzi di quelle senza aree aperte è crollato, abbiamo assistito, e vissuto, ad un nuovo uso degli spazi ‘interstiziali’ alle nostre abitazioni, come pianerottoli, balconi, ballatoi, terrazzi e cortili condominiali e poi piani scala e parcheggi. Queste aree sono divenute estensioni del nostro vivere quotidiano e saranno attrezzate con strutture modulari ibride montabili, smontabili e aggregabili alla bisogna.

Sostengono gli autori che passeremo dalle smart cities digitalizzate alle safe cities dove la tecnologia dialoga con la sicurezza ed il distanziamento anche con la progettazione di quartieri in cui negozi e luoghi di socialità non saranno più concentrati in pochi isolati ma diffusi nello spazio in modo da creare multi centri e decomprimere le aree troppo affollate.

Fonte: Ansa

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